In un itinerario di viaggio negli Stati Uniti sulla West Coast, non fatevi mancare una visita all’ Havasupai Indian Reservation: un vero Eden nascosto, un’ oasi segreta e spettacolare con una natura incontaminata tra le rocce rosse dell’ Hualapai Canyon, le cristalline cascate Havasu Falls, l’ impetuoso torrente Havasu Creek dalle acque verde-blu e il piccolo e pacifico villaggio Supai, dove il tempo si è fermato secoli fa e i nativi vivono in quieta solitudine. In un itinerario di viaggio negli USA West Coast, la visita della riserva indiana Havasupai è ideale per chi ha voglia di natura e di zone incon­taminate al di fuori dei soliti schemi turistici. Distante solo 56 km in linea d’ aria dai famosissimi punti panoramici del Grand Canyon South Rim, la riserva indiana Havasupai si trova nel cuo­re dell’ Havasu Canyon. In questo canyon piove pochissimo durante l’ anno ma cresce una vegetazione rigogliosissima gra­zie alle acque dell’ Havasu Creek, un torrente verde smeraldo che scorre tutto l’ anno e che in alcuni punti si trasforma nelle mera­vigliose cascate per le quali la riserva è famosa: Havasupai vuol dire infatti “popolo (Pai) delle acque verde-blu (Havasu)”.

LA STORIA DEGLI HAVASUPAI: la tribù nel canyon


Un tempo i membri della tribù Havasupai vivevano sul fondo del canyon solo in estate, mentre d’ inverno erano costretti a spostarsi sull’ altopiano, perché il canyon si trasformava in un luogo fred­do e inospitale, privo di legna e di grandi animali da cacciare.
L’ arrivo dei primi cercatori d’ oro e dei colonizzatori inglesi por­tò a una serie di guerre che ridimensionarono il territorio e la popolazione: oggi i membri della tribù sono solo seicento. Per sopravvivere infatti, gli Havasupai dovettero cedere a compromessi e accontentarsi di una piccola fetta dell’ antico patrimonio territoriale, oltre a dover richiedere permessi annuali per pascolare le mandrie in territori che da sempre appartenevano a loro. Le rivendicazioni e le batta­glie continuarono fino al 1975, quando gli Havasupai ottennero la restituzione di circa 81mila ettari del loro territorio, alla condizione però che rimanesse “allo stato selvaggio” e quindi con il divieto di sfrutta­mento minerario e di costruzione di dighe o ferrovie.

VISITA ALL’ HAVASUPAI INDIAN RESERVATION (riserva indiana): vacanze USA West Coast

Bisognerebbe avere tre giorni a disposizione per visitare tutta la riserva: uno per scendere, uno per godersi le ca­scate e un pò di relax e uno per risalire. Se il tempo a disposizione scarseggia, si può comunque riuscire a fare tutto in due giorni. Guai però a scende­re senza aver prenotato un alloggio: è assolutamente impossibi­le risalire in giornata. Il lodge è spesso già al completo mesi prima dell’ estate e anche per il campeggio occorre muo­versi in anticipo, telefonando direttamente all’ ufficio turistico del villaggio. Attenzione anche al fatto che l’ unico modo per arrivare fino alla riserva degli Havasupai è a piedi, a cavallo o a dorso di un mulo ! Si può prenotare anche la discesa con uno di questi animali: il ca­vallo se si vuole cavalcare personalmente, e il mulo per trasporta­re i bagagli e poter camminare senza pesi. I muli impiegano dalle tre alle cinque ore per scendere o salire, quindi arrivano a destina­zione prima degli uomini. Ovviamente si può anche scendere e risalire dalla riserva a piedi (risparmiando anche un bel pò di soldi !) trasportando tutto il necessario, tenda compresa per chi sceglie il campeggio.

Per arrivare alla riserva partendo da Las Vegas, si inbocca la interstate I-515 e si passa per la Hoover Dam (la diga più gran­de degli Stati Uniti: è alta 222 metri e previene gli allagamenti dovu­ti all’ ingrossamento del Colorado, rifornendo di energia elettrica gli stati del Nevada, dell’ Arizona e della California). Per la not­te si può prenotare dall’ Italia una camera all’ Hualapai Lodge, che si trova a Peach Springs, un paesino dopo il quale non c’è più assolutamente nulla fino alla riserva. Bisogna quindi fare rifornimento di benzina, cibo e acqua per due giorni. L’ hotel è gestito dagli indiani Hualapai, “vicini di casa” degli Havasupai (i quali non sono altro che un ramo di essi, che si trasferì in fondo al canyon secoli fa). L’ unica pecca dell’ hotel è che ogni venti minuti passano dei treni merci, ma dopo un pò ci si abitua: addirittura alla reception un cartello dice che su richie­sta vengono forniti gratis dei tappi per le orecchie ! La mattina dopo si possono lasciare i bagagli al deposito per non doverli lascia­re in auto nella notte successiva. Si parte con gli zaini pieni di cibo, acqua, tenda e materassini.

Il paesaggio è splendido: per arrivare alla riserva indiana si passa in mezzo ad uno spoglio deserto ricoperto di cespugli di artemisia, che in breve si trasforma in una fittissima foresta di pini gialli con sfumature che vanno dal verde al giallo, a seconda della luce. La regione si chiama Coconino Plateau. Si arriva al Hualapai Hilltop, dove la strada finisce e si deve parcheggiare. Da qui parte il Hualapai Trail: il percorso che conduce al villag­gio indiano scendendo a zig zag lungo il fianco della collina, la Coconino Sandstone. L’ escursione è fattibile ma impegnativa, soprattutto per chi non è uno sportivo ed è poco allenato ! Sono 14 km in totale fino al villaggio indiano, poi se ci si ferma al lodge si è arrivati; altrimenti, se si deve proseguire fino al campeggio, ci sono altri due chilometri (che bisogna co­munque percorrere per raggiungere le cascate Havasu). E’ bene quindi usare una crema solare ad alta protezione per iniziare la discesa. La vista è meravigliosa e ciò che più colpisce è il contra­sto di colore tra alcune rocce più chiare, quasi bianche, e quel­le rossissime di arenaria. Dopo un primo tratto di discesa ripida, il per­corso scorre su un fondo sabbioso e ricoperto di artemisia, e dol­cemente scende fino al fondo del canyon, dove si trova il villaggio indiano. Ci sono parecchie rocce e sassi di ogni forma e dimensione e in alcuni tratti si fa un pò fatica a camminare (le classiche scar­pe da tennis non sono adatte, occorrono categoricamente gli scarponcini da trekking). Il cammino continua seguendo il letto di un torrente ormai asciutto, fra le pareti rosse che lentamente salgono sempre di più e formano le due fiancate del profondo e stretto Hualapai Canyon. Lo spettacolo è davvero mozzafiato qui ! La maggior parte del percorso è sotto il sole cocente: occor­re avere cappello, occhiali da sole e creme solari ad alta protezione. Poi ci si inoltra in un fitto boschetto e dopo un pò si comincia a sen­tire il suono dell’ acqua che scorre: è l’ Havasu Creek, che emerge dalle crepe della roccia. Il torrente ha un colore blu-verde mera­viglioso. Dopo una breve salita ci si ritro­va in una radura erbosa e la presenza di case, mucche, caval­li, panni stesi e bambini che corrono fa capire in un baleno di essere arrivati finalmente al villaggio di Supai.

In lontananza si vedono due pilastri di roccia che spuntano dalle pareti rosse del canyon e dominano il villaggio di Supai come due piccoli grattacieli gemelli: sono i wigleeva, che gli Havasupai con­siderano come i propri spiriti guardiani, uno maschile e l’ altro femminile. Intorno si vedono pochissime casette, alcune di legno e altre prefabbricate, immerse in un ambiente di raro fasci­no. C’è anche l’ ufficio postale, l’ unico negli Stati Uniti che ancora riceve e invia la posta a dorso di mulo ! Nel villaggio c’è l’ Ufficio Turistico dove si compila il modulo per la registra­zione e si paga. Si può poi proseguire verso il campeggio. Il sen­tiero costeggia la scuola del villaggio e dopo nemmeno un chi­lometro di strada si sente il rumore inconfondibile delle cascate: sono le Navajo Falls, alte 23 metri. Le cascate sono poco visibili dal sentiero perché sono circondate da molta vegetazione e sgorgano dal­la parete più distante del canyon (bisogna avvicinarsi un pò per poterle ammirare meglio). Le Navajo Falls sono le cascate più piccole e meno spettacolari della riserva e devono il loro nome a Capo Navajo, un capo tribù degli Havasupai del XIX° secolo, chiamato così perche venne rapito bambino dai Navajo, crebbe come uno di loro e fece ritorno fra la sua gente solo da adulto.

Dopo aver attraversato un piccolo ponticello, ci si trova invece davanti a una sbalorditi­va veduta dall’ alto delle stupende Havasu Falls: un’ impe­tuosa cascata doppia che lascia senza fiato per la sua ma­estosità e per il contrasto netto dell’ acqua turchese con le pareti rosse da cui sgorga. Si può scendere per osservare le Havasu Falls an­che da sotto. Per dormire, il campeggio è grande, fresco e ombreggiato: si trova infatti sotto grandi pioppi neri e lungo le rive del torrente. Ci sono numerosi tavolini da picnic e delle pic­cole fonti di acqua potabile, però per sicurezza è meglio usare delle compres­se a base di cloro per sterilizzare l’ acqua: il sapore col cloro non è il massimo, ma è meglio andare sul sicuro ! Il campeggio si trova su un terreno in cui venivano cremati o sepolti i morti della tribù e non è propria­mente un luogo attrezzato: i bagni sono dei semplici container bui con fossa biologica, nei quali è ne­cessario munirsi di torcia (indispensabile anche per muoversi la sera all’ interno del campeggio).

La mattina dopo, ci si sveglia presto e si può fare colazione davanti alle fantastiche Hava­su Falls: l’ acqua è gelata e ha un colore azzurro-verde meraviglio­so. Il getto d’ acqua delle cascate parte da una roccia alta 46 metri. Si possono visitare anche altre cascate come le Mooney Falls e le Beaver Falls. Le Mooney Falls sono le cascate più spettacolari della riserva indiana: sono alte 60 metri e vengono chiamate dagli Havasupai “Madre delle Acque”. Il nome “Mooney” deriva da quello di uno studioso di minerali preziosi che nel 1880, mentre scendeva dalle pareti vicino alle cascate, morì precipitando sulle rocce sottostanti.